Frutta e verdura dall’acqua di mare La serra galleggiante

http://corriereinnovazione.corriere.it/2015/07/17/frutta-verdura-dall-acqua-mare-serra-galleggiante-impatto-zero-52465f6e-2c6d-11e5-94f7-9449122e9ae1.shtml



























Non cancellerà la fame del mondo. Ma la direzione è quella. Soprattutto perché sfrutta l’elemento forse oggi culturalmente più distante da ciò che l’immaginario collettivo associa al concetto di risorsa alimentare. E cioè l’acqua salata del mare.
Un tronco di piramide retto da un’intelaiatura di legno e vetro delle dimensioni di 70 metri quadrati appoggiato su otto fustini di plastica riciclata che gli permettono di galleggiare. A prima vista la Jellyfish Barge della toscana Pnat ricorda quelle architetture post-apocalittiche alla Mad Max Waterworld: praticamente il monolocale ideale per un’eredità distopica dove la decrescita (infelice) ha spinto via l’ecumene da una terra ormai arida e inospitale verso l’incerto orizzonte oceanico. In realtà ciò che fra Pisa e Firenze un pugno di biologi e architetti s’è inventato è qualcosa di molto meno fantascientifico e molto più concreto: coltivare frutta e verdura in mare.
Una serra, quindi. Ma a impatto zero: capace cioè di vivere e di vegetare senza nemmeno un granello di terra. La chiave di volta è il sistema di dissalazione dell’acqua che, azionato dai pannelli solari, è in grado di produrre 150 litri di acqua dolce al giorno e di nutrire le piante, le quali vengono coltivate con la tecnica idroponica. Il che permette di sostituire nei vasi la (preziosa) terra con un sostrato inerte di argilla.
Jellyfish, cioè medusa. Il nome risale al primo prototipo della serra, presentato nel 2012 alla Biennale di Architettura di Venezia. «Da allora — raccontano gli architetti Cristiana Favretto e Antonio Girardi — il progetto ha subìto evidenti cambiamenti, ma il concetto alla base è rimasto: realizzare un ecosistema seguendo le indicazioni di sostenibilità e adattabilità al cambiamento che la natura stessa ci suggerisce».
Progetto multidisciplinare fin dall’inizio, dato che Pnat è uno spin-off dell’Università di Firenze e molta della tecnologia di bordo è stata implementata da Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio internazionale di Neurobiologia vegetale, il vero cambio di marcia, per la Jellyfish Barge, è però avvenuto dopo l’incontro con Marco Gualtieri, ceo di Seeds&Chips, il salone dedicato alle startup della filiera agroalimentare. Un colpo di fulmine, tanto che il guru ha immediatamente voluto in squadra gli startupper toscani. «L’idea — spiega Gualtieri — ci è piaciuta alla prima occhiata, in particolare per il suo potenziale. Le dimensioni ridotte e la struttura modulare della zattera — l’assunto di fondo è proprio quello di affiancare diversi moduli per creare una piccola comunità galleggiante, ndr — rendono la serra adatta a canali, darsene e luoghi acquatici poco proficui come le coste su cui si affacciano le grandi città».
Non a caso la Jellyfish Barge, il prossimo settembre, dopo la sua presentazione ufficiale alla Darsena di Milano nelle prossime settimane (si attende solo il via libera di Palazzo Marino), entrerà nella lista delle startup curate dall’incubatore del Padiglione americano di Expo. «Abbiamo presentato il prodotto a Bill de Blasio, il sindaco di New York, il quale sta pensando di inserire le serre nel progetto di riqualificazione del tratto metropolitano dell’Hudson» conclude Gualtieri. Delle venti città più grandi del mondo, 18 si affacciano sul mare: la vita è da sempre giunta dal lì e il mayor della Grande Mela pare abbia intuito quanto futuro sia in grado di assicurare una medusa di legno e vetro ormeggiata poco distante dal bagnasciuga.

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